È nata sullo slancio della Campagna di pressione alle “banche armate” (promossa dalle riviste Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace) per chiedere trasparenza e coerenza agli Istituti di credito in materia di finanziamento e fornitura di servizi al commercio di armi e per stimolare gli Enti locali ad adottare principi etici nella scelta della tesoreria. Dopo aver mosso i primi passi, la campagna “Tesorerie disarmate” è giunta a definire criteri capaci di portare un Ente locale a scegliere per i propri servizi di Tesoreria, una banca che adotti un profilo “etico e disarmato”.
Le due campagne devono oggi rispondere a nuove sfide:stimolare anche le banche estere presenti in Italia a dotarsi di norme precise circa il finanziamento all’industria e al commercio di armi allargando l’orizzonte di attività all’ambito europeo e intensificare il confronto col mondo bancario attraverso associazioni di categoria come l’Abi (Associazione bancaria italiana), ma anche con i sindacati bancari e i diversi organismi di “responsabilità etica” delle banche. Senza dimenticare le associazioni e specialmente le istituzioni religiose(diocesi, parrocchie, congregazioni religiose e missionarie) che ancora tentennano nell’assumere una posizione chiara nella scelta della banca a cui affidare i propri risparmi o a cui chiedere finanziamenti per le proprie attività.
Quello del finanziamento e della fornitura di servizi al commercio delle armi può essere considerato un punto di vista riduttivo. Eppure a sette anni dal lancio della Campagna ci accorgiamo che costituisce sempre più un criterio privilegiato anche per monitorare diversi intrecci: tra finanza internazionale e produzione di armamenti, tra mondo bancario e realtà imprenditoriali, tra solidarietà internazionale e modelli di sviluppo locale, tra amministrazioni e cittadinanza attiva. Non è l’unico, ma costituisce la “cartina di tornasole” per esaminare il grado di coerenza e di “eticità” di tante iniziative promosse a livello locale. “Non con i miei risparmi” – “Mai con i loro soldi” rimane insomma l’imperativo che rilanciamo a tutti. Nessuno escluso.